Terreni edificabili. Affrancamento di valore entro il 30 giugno 2019

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La disposizione originaria era contenuta nella legge 28 dicembre 2001 n. 448” - Art. 7 “1.  Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze (…), per i terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del (…), può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima (…), a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (…)”.

Negli anni passati la disposizione è stata prorogata più volte e da ultimo la legge 145/2018 commi 1053 e 1054 ha spostato il termine al prossimo 1° luglio (cadendo il 30 giugno di domenica).

Anche l’aliquota dell’imposta sostitutiva è stata via via modificata da un iniziale 4%, raddoppiata all’8% nel 2015 e attualmente fissata 10%.

Versando l’imposta sostitutiva si evita così di pagare le imposte ordinarie sulle plusvalenze maturate entro il valore della perizia, mentre le imposte si pagheranno solo per l’eventuale plusvalenza tra il valore di perizia e il prezzo della vendita.

La norma interessa chi al 1° gennaio 2019 possedeva i terreni al di fuori del regime d’impresa (persone fisiche, società semplici, associazioni professionali ed enti non commerciali).

La norma ormai riproposta, con qualche interruzione, da diversi anni presentava alcuni spunti critici solo parzialmente risolti.

Gran parte dei dubbi hanno riguardato il prezzo di vendita dell’immobile periziato ed in particolare quando si vende a un prezzo più basso di quello periziato (magari qualche anno prima).

La legge 448 prevedeva che una volta periziato, il valore di perizia fosse il valore (minimo) di riferimento per le imposte della vendita (registro, ipotecarie e catastali). Ne fu dedotto che in caso di vendita a un prezzo inferiore al valore periziato la rivalutazione non veniva più riconosciuta dall’Agenzia delle Entrate, con pagamento delle plusvalenze nella misura ordinaria. La giurisprudenza si è pronunciata in senso contrario e la prassi dell’Amministrazione Finanziaria ha successivamente temperato l’orientamento fornendo due alternative:

  1. pagare le imposte della vendita sul valore periziato anche se superiore al prezzo di vendita ovvero
  2. rinnovare la perizia rideterminando il valore coincidente con il prezzo di vendita.

Chiaramente questa ultima alternativa valeva solo a condizione che i termini per la rivalutazione non fossero scaduti.

Questa seconda alternativa pareva la più conveniente, ma solo a parità di aliquota. Non altrettanto quando si effettuano aggiornamenti del valore al ribasso ove nella prima rivalutazione l’aliquota era del 4% mentre nelle successive saliva all’8% per terminare con l’attuale 10%. In effetti, posto che l’imposta da versare corrisponde alla differenza tra l’imposta già versata e quella prevista sul valore rivisto, l’innalzamento dell’aliquota potrebbe determinare una maggior convenienza della prima soluzione (tassazione sul maggior valore di perizia) eventualmente trovando un accordo venditore/acquirente per la sopportazione del carico fiscale.

Una seconda criticità, tuttora irrisolta, derivava dalla prassi dell’Amministrazione Finanziaria di considerare le vendite di fabbricati da demolire al pari di vendite di aree edificabili (risoluzione 395/E/2008, ma in senso contrario risoluzione 395/E/2008), posto che in questo caso, per prassi consolidata sembrerebbe che la norma in esame non sia comunque utilizzabile.  Si rammendo tuttavia la contrarietà di gran parte della Giurisprudenza a questa discutibile prassi dell’AE.

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