
DI CHI E' IL CONTO CORRENTE COINTESTATO ?
L’esigenza più frequente: una persona che, per i più svariati motivi, spesso legati all’avanzare dell’età, intende affiancare a se un’altra persona di fiducia nella gestione del proprio conto corrente.
Le soluzioni proposte dagli istituti di credito sono generalmente la delega ad operare sul conto e la co-intestazione del conto corrente.
La delega a operare sul conto non muta la titolarità della somma sul conto stesso, che rimane quindi di esclusiva proprietà del correntista iniziale. L’altra persona (il delegato) agisce sul conto corrente per mezzo una procura con poteri che possono essere più o meno estesi. In qualunque momento il correntista può ampliare, limitare o togliere alcune o tutte le facoltà della delega.
Con la cointestazione la soluzione è invece più profonda.
L’Art. 1854 del codice civile in proposito dice “Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.”
In buona sostanza, quando si depositano soldi sul conto corrente, il correntista perde la “proprietà” dei soldi stessa che diventano di proprietà della Banca. La Banca, a sua volta, diventa debitore del correntista di una somma pari a quella depositata. Quando si ha cointestazione la legge quindi dice unicamente che tutti i cointestatari “sono considerati” (quindi non “sono”, ma “sono considerati”) creditori della Banca (quindi “creditori” e non “proprietari del denaro”).
Di differente tenore l’art. 11 del D.Lgs. 31-10-1990 n. 346 (T.U. Successioni e Donazioni) che dice ”Per i beni e i titoli di cui al comma 1, lettera b), depositati a nome del defunto (…) compresi quelli derivanti da depositi bancari e da conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano diversamente determinate”
In questo caso la legge parla di titolarità per quote e detta una presunzione semplice di appartenenza (“si considerano uguali se non risultano diversamente determinate”) a tutti i contitolari per quote uguali. Tuttavia la norma ha solo implicazioni fiscali e comunque ammette la prova contraria.
Quindi la domanda è: a chi appartiene il denaro depositato sul conto cointestato ?
La Cassazione 9-07-1989, n. 3241, occupandosi di una somma versata in seguito alla liquidazione del TFR di un coniuge sul conto cointestato ad entrambi ci chiarisce che “Nel conto corrente bancario cointestato a più persone, con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, i rapporti interni fra i correntisti sono regolati non dall'art. 1854 c. c., che riguarda i rapporti fra i medesimi e la banca, ma dall'art. 1298, 2° comma, c. c., in base al quale il debito od il credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente;” Quindi conclude che “ove il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi (nella specie, trattandosi dell'indennità di buonuscita riscossa con il collocamento a riposo), si deve escludere che l'altro coniuge, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo”.
Sempre la Cassazione con Sentenza, 19-02-2009, n. 4066 occupandosi di un conto cointestato zio – nipote, ma con somme versate solo dal primo dispone “Nel conto corrente bancario intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall'art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell'art. 1298 cod. civ., in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente; ne consegue che, ove il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo.”
Molto chiara poi la pronuncia della Cassazione 30-05-2013, n. 13614 “La cointestazione delle cassette di sicurezza autorizza il cointestatario alla relativa apertura e prelievo, ma non attribuisce al cointestatario, che sia a conoscenza dell'appartenenza dei beni contenuti ad altri, il potere di disporre come proprietario dei beni ivi contenuti. Analogamente, la cointestazione dei conti bancari autorizza il cointestatario ad eseguire tutte le operazioni consentite dalla cointestazione, ma non conferisce al medesimo, consapevole dell'appartenenza ad altri delle somme affluite su tali conti e dei relativi saldi, il potere di disporne come proprie.” Arrivando a confermare l’appropriazione indebita per chi opera in tal senso.
La giurisprudenza costante quindi ritiene che la cointestazione incide sulla legittimazione e non sulla proprietà del denaro depositato. Risponde quindi ad una esigenza pratica, permette al cointestatario di agire permettendogli una piena operatività nei confronti della banca, ma non è sufficiente a renderlo comproprietario del denaro (o meglio con creditore verso la banca). In questo senso da ultimo si è espressa la Cassazione con ordinanza 3-09-2019, n. 21963 “In tema di conto corrente, la cointestazione dello stesso, salva prova di diversa volontà delle parti, è di per sé atto unilaterale idoneo a trasferire la legittimazione ad operare sul conto e, quindi, rappresenta una forma di procura, ma non anche la titolarità del credito, in quanto il trasferimento della proprietà del contenuto di un conto corrente, ovvero dell'intestazione del deposito titoli che la banca detiene per conto del cliente, è una forma di cessione del credito che il correntista ha verso la banca e, quindi, presuppone un contratto tra cedente e cessionario.”.
Il titolare iniziale quindi vuole solo permettere ad un’altra persona di operare sul suo conto e non arricchirlo della metà della somma. Perché si abbia anche questo effetto andrà provata la volontà di perfezionare una liberalità indiretta.
Tra le tante il Tribunale Roma Sez. I, 06-06-2017 ha così stabilito: “La possibilità che la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora appartenuta ad uno solo dei cointestatari, possa costituire donazione indiretta è legata all'apprezzamento dell'esistenza dell'animus donandi, consistente nell'accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità”.
IN SINTESI
La cointestazione di un conto non rende il conto automaticamente di tutti i cointestatari.
Se la somma depositata sul conto apparteneva ad uno solo dei cointestatari prima della cointestazione continuerà ad appartenergli anche dopo.
Perché anche il cointestatario che non ha depositato nulla sul conto corrente possa essere considerato contitolare delle somme bisognerà provare che con la cointestazione il correntista originario intendeva perfezionare una liberalità indiretta e quindi arricchire il cointestatario.