
Conto Corrente e Comunione Legale
L’art. 11 del D.Lgs. 31-10-1990 n. 346 (T.U. successioni e donazioni) in materia di Presunzione di appartenenza all'attivo ereditario recita che “Si considerano compresi nell'attivo ereditario (…) i beni mobili e i titoli al portatore di qualsiasi specie posseduti dal defunto o depositati presso altri a suo nome (…) e per i crediti di pertinenza del defunto e di altre persone, compresi quelli derivanti da depositi bancari e da conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano diversamente determinate.”.
Per quanto concerne i rapporti di conto cointestati sono già stati trattati in altro contributo.
La domanda cui si cercherà di rispondere è la seguente: il conto corrente intestato ad un coniuge che versa in comunione legale a chi spetta ? l’ipotesi è del tutto dfferente rispetto al conto corrente intestato ad un solo coniuge.
La giurisprudenza più risalente era orientata nel ritenere che il coniuge non intestatario del conto corrente, benchè in comunione legale, non vantasse (salvo prova contraria) alcun diritto sul saldo attivo di quel conto.
Questa opinione si basava sulla considerazione che l’oggetto della comunione legale (art. 179 del codice civile) fosse legata al concetto di diritto reale e non ai diritti di credito.
Giova, a tale proposito, ricordare che il rapporto di conto corrente è un contratto tra la Banca ed il Cliente. Il cliente deposita il denaro sul conto corrente e ne perde la proprietà (del denaro). Il denaro diventa di proprietà della Banca. La Banca diventa debitrice nei confronti del cliente del saldo attivo del conto. Il cliente pertanto non è proprietario del denaro ma titolare di un diritto di credito verso la Banca in quanto creditore.
L’orientamento è ben riassunto dalla massima Cass. civ. Sez. V, 01-04-2003, n. 4959 “In tema di imposta sulle successioni, il saldo attivo di un conto corrente bancario intestato al "de cuius", va tassato per intero, anche se il defunto era in regime di comunione legale con il coniuge, atteso che la comunione legale fra i coniugi, di cui all'art. 177 c.c., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l'effettivo trasferimento della proprietà della "res" o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all'acquisizione di una "res", non sono suscettibili di cadere in comunione.”.
Come ben evidente la questione ha implicazioni fiscali e civili:
- Implicazioni Fiscali: stabilire se un conto corrente è in comunione significa decidere se un determinato conto corrente debba essere inserito per intero nella successione del coniuge deceduto oppure solo per la quota di metà;
- Implicazioni Civili: stabilire se un conto corrente è in comunione significa decidere se esiste una presunzione in favore del coniuge cointestatario di appartenenza del saldo attivo del C/C pari alla metà (per esempio in fase di separazione).
L’Amministrazione Finanziaria con la Circ. n. 53 (prot. n. 400885) del 6 dicembre 1989 e successivamente con la Ris. n. IV-9-022 del 16 luglio 1993 ha ritenuto che il conto corrente intestato al coniuge defunto in comunione legale appartenesse per intero allo stesso coniuge defunto. In sostanza non lo riteneva (e forse non lo ritiene tuttora) compreso nell’elenco dell’art. 179 del codice civile e sostiene che l’”apparenza” creata dal conto intestato ad uno solo dei coniugi, dove comunque potevano finire somme estranee alla comunione legale (ad esempio un risarcimento danni), non potesse essere superata.
La Corte di Cassazione ha tuttavia rivisto il proprio orientamento tradizionale arrivando ad ammettere che anche i diritti di credito possano formare oggetto della comunione legale.
La Cass. civ. Sez. I con Sentenza, 09-10-2007, n. 21098 sostiene che “La comunione legale (…) prevede uno schema normativo non finalizzato (…) alla tutela della proprietà individuale, ma alla tutela della famiglia attraverso particolari forme di protezione della posizione dei coniugi (…) la ratio della disciplina (…) trascende il carattere del bene (…) e la natura reale o personale del diritto che ne forma oggetto; ne consegue che anche i crediti (…) sono suscettibili di entrare nella comunione, ove non ricorra una delle eccezioni alla regola generale dell'art. 177 cod. civ. poste dall'art. 179 cod. civ”.
Per la verità la Suprema Corte non afferma che sempre il conto corrente intestato ad un coniuge sia paragonabile ad un “acquisto” in comunione, ma si limita a non ritenere la natura del diritto di credito incompatibile con il regime di comunione legale. In particolare la Suprema Corte, negli orientamenti successivi sembra porre l’attenzione più che altro sulle vicende che hanno portato al formarsi del conto corrente intestato ad uno solo dei coniugi.
Se il conto corrente si è formato con risorse di uno solo dei coniugi, estranee come provenienza alla comunione legale (art. 179 cc.) il conto corrente non entrerà in comunione.
In questo senso sembra deporre la Cass. civ. Sez. VI - 1 Ord., 17-07-2018 ”I coniugi, coniugati in regime di comunione legale dei beni, al momento della separazione personale, devono ripartirsi nella misura pari alla metà la somma rinveniente sul conto corrente cointestato e costituito in costanza di matrimonio. A tale regola fa eccezione il caso in cui uno dei due coniugi riesca a dimostrare che il denaro sul conto corrente sia il frutto del proprio lavoro e che l'intestazione è fittizia e realizzata solo al fine di garantire all'altro una disponibilità economica per il ménage familiare.” Dove anche il conto cointestato non necessariamente appartiene ai coniugi in pari quote e andrà diviso in sede di separazione.
Sempre in questo senso Cass. civ. Sez. I, 20-01-2006, n. 1197 “In tema di comunione legale tra coniugi, il denaro ottenuto a titolo di prezzo per l'alienazione di un bene personale rimane nella esclusiva disponibilità del coniuge alienante anche quando esso venga dal medesimo accantonato sotto forma di deposito bancario sul proprio conto corrente”.
Se invece il conto corrente è intestato ad uno solo dei coniugi e viene alimentato con i proventi dell’attività (o i frutti dei beni) del coniuge defunto, secondo la Suprema Corte seguirà la regola dell’art. 177 primo comma lettera “c” (Costituiscono oggetto della comunione: b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; c) i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati). Pertanto, in questo caso, essendo la morte una delle cause di scioglimento della comunione legale, quanto a quella data residuerà sarà da considerarsi oggetto della comunione legale.
In questo senso la Cass. civ. Sez. V Sent., 06-05-2009, n. 10386 “Il saldo attivo di un conto corrente bancario o postale intestato in regime di comunione legale dei beni soltanto ad uno dei coniugi, e nel quale siano affluiti proventi dell'attività separata svolta dallo stesso, se ancora sussistente, deve considerarsi pure facente parte della comunione legale dei beni al momento del decesso dell'intestatario ai sensi dell'art. 177, primo comma, lett. c), c.c., allorquando cioè si verifica in concreto lo scioglimento della comunione determinato dalla morte, con il conseguente riconoscimento, a maggior ragione da tale data, di una titolarità comune dei coniugi sul predetto saldo” La Suprema corte prosegue precisando che il diritto del conige superstite non è un diritto ereditario ma ha diritto sulla metà del C/C direttamente dalle norme sulla comunione (“sicché il coniuge superstite, attesa la presunzione di parità delle quote, ha un diritto proprio e non ereditario sulla metà dei frutti e dei proventi residui persino nell'ipotesi che essi fossero stati esclusivi del coniuge defunto”). In senso conforme Cass. civ. Sez. V Sent., 23-02-2011, n. 4393
In Conclusione:
sotto il profilo civilistico: valutare se un conto corrente ricada o meno in comunione legale richiede una indagine sulla genesi del conto corrente. In difetto di prova contraria, secondo le regole della comunione differita, al momento dello scioglimento della comunione legale (separazione o morte) la somma residua sarà da considerarsi comune.
Sotto il profilo fiscale: varrebbe la stessa regola, salvo comunque ritenere vigente la presunzione per cui, il conto intestato ad un solo coniuge in regime di comunione legale, sarà da considerarsi caduto in successione per la quota di un mezzo, mentre l’altra metà apparterrà al coniuge superstite come diritto proprio (in applicazione delle norme sulla comunione legale). Questa considerazione deriva dal consolidato orientamento sella Suprema Corte, tuttavia non può dirsi acquisito anche dall’Amministrazione Finanziaria che non risulta aver cambiato il proprio orientamento rispetto alle circolari sopra riportate. Dichiarare in successione unicamente la quota di un mezzo, benchè corretto, potrebbe comportare un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate.